Mons. Vincenzi chiude il VII Festival DSC con tre parole: silenzio, presenza, vita

02 DICEMBRE 2017
La prima parola che mi viene da pronunciare a conclusione di questa bella esperienza è ‘grazie’.

Il ringraziamento è rivolto innanzitutto a Papa Francesco, che ogni anno illumina il Festival con la sua “videopresenza” e il suo pensiero, al Cardinale Luis Antonio Tagle per la splendida e coinvolgente apertura del Festival, al Cardinale Gualtiero Bassetti, Presidente Cei, per la presenza, il pensiero e la disponibilità dimostrata; al Cardinale Pietro Parolin, che presiederà la Santa Messa di chiusura, a tutti voi che siete intervenuti perché con la vostra presenza dimostrate di credere in quello che stiamo facendo, a coloro che con il loro sostegno permettono che il Festival sia concretamente fattibile.

Mi sono chiesto che cosa mi rimane di questi giorni ed ho pensato di sintetizzarlo in tre parole, prima però devo evidenziare una senzazione avvertita da tutti: abbiamo fatto un’esperienza di una Chiesa diversa, semplice, vicina e bella. Noi non abbiamo fatto una riflessione ecclesiologica ma ciò che si è percepito è davvero interessante. Più di una persona, dopo la relazione del Card. Tagle mi ha detto: “mi ha toccato il cuore”. Dopo l’incontro con il Card. Bassetti qualcuno mi ha detto: “quest’uomo è un padre”. Nel giorno conclusivo del Festival, alle ore 8:00, mi ha telefonato il Card. Parolin e dicendomi che sarebbe arrivato prima del previsto perché non voleva farsi aspettare e mi ha chiesto di trovargli una stanza dove aspettare fino all’ora della Messa da celebrare. Mi sono detto: questa è un’altra Chiesa! Ed ho provato una grande gioia perché questi nostri pastori hanno trasmesso un messaggio forte e innovativo con la loro presenza e il loro modo di fare.

Vengo alle tre parole:

1) La prima parola è: silenzio. Ho visto volti gioiosi e occhi pieni di luce, ho ascoltato esperienze; ognuno è apparso nella sua unicità e ha espresso un significato perché nessuno viene al Festival per ascoltare un discorso. Occorrono altre cose per muovere le persone: occorrono convinzioni e condivisione. Tutto ciò ha fatto diventare il Festival intenso, ricco, pieno di significati non detti. Ad un certo punto ti accorgi che le persone le porti nel cuore. Nei momenti intensi della vita non si parla, si fa silenzio. Silenzio perché lo richiede la concentrazione. Nel silenzio si diventa creativi perché ci si trova ispirati, nel silenzio nascono le azioni, nel silenzio si raccolgono le forze per affrontare le sfide. Il silenzio permette di evitare il pericolo di aumentare il numero delle attività solo per sfruttare la bontà del momento e offre una reale capacità di cambiamento: non si aumentano le attività ma cresce il discernimento per tendere al meglio selezionando le azioni. Questo silenzio interiore è il segreto dell’efficacia del nostro agire. Il Festival è stato possibile ed ha avuto un numero crescente di persone rispetto agli altri anni, perché è nato ed è stato coltivato in silenzio nel cuore come un bene prezioso. Oggi non mancano le parole mancano i silenzi creativi: le grandi cose nascono sempre nel segreto del cuore.

2) Perché possiamo anche non parlare? Perché la vera sfida di oggi è la presenza. Essere presenti significa non scegliere i luoghi dove esserci, ma essere significativi in ogni luogo; significa essere condotti dalle convinzioni senza essere distratti dalle mode. Essere presenti significa non indicare un percorso ma fare un percorso. È nel percorso della vita concreta che ci giochiamo la partita.

3) La terza parola è: vita. Le idee da sole non sono in grado di generare un cambiamento: è la vita a generare un cambiamento. In questi giorni ho incontrato tanta vita: idee, azioni, fatiche, passioni, dolori e realizzazioni. La vita non coincide mai con un’azione, anche la meglio riuscita, è piuttosto l’espressione della verità totale della persona. E noi sappiamo che la vita delle persone crea la differenza. Chi è vivo fa respirare, apre invece di chiudere, facilita e non ostacola, pensa in grande ed ama le piccole cose; la vita non si esaurisce mai in uno spazio ma attiva sempre un processo.

Ecco le tre parole: silenzio, presenza, vita. Partiamo da questo Festival con queste parole; silenzio per essere sempre ricchi di significato, presenza per non essere mai estranei alla realtà, vita per essere generativi.

Mons. Adriano Vincenzi

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