Galantino: «L’impresa che “serve” fa ben più che produrre servizi: promuove l’uomo»

  26 NOVEMBRE 2016
Lo ha affermato il segretario generale della CEI questa mattina a Verona all’apertura dell’incontro “Imprenditori in rete per il bene comune” nell’ambito del VI Festival DSC. Presenti Paolo Bedoni, presidente di Cattolica Assicurazioni, Stefano Zamagni, Economista, Cosimo M. Ferri, Sottosegretario alla Giustizia, Riccardo Donadon, Presidente H-Farm, Filippo Liverini, Presidente di Mangimi Liverini Spa, Antonio Sangermano, Procura della Repubblica di Prato.

«Le imprese non devono esistere per guadagnare denaro, ma per servire. Questa è la sfida. Se non capiamo questo stiamo perdendo tempo». Queste le parole di S.E. Mons. Galantino, segretario generale della CEI, all’apertura dell’incontro “Imprenditori in rete per il bene comune” che si è tenuto questa mattina al Cattolica Center nel corso del VI Festival DSC coordinato da Fondazione Toniolo. Mons. Galantino ha evidenziato che è necessario richiamarsi alla «parola servizio, cioè attenzione ai valori e a tutto ciò che esprime l’uomo. Un servizio che non contraddice il rendimento ma lo arricchisce. Tale servizio contribuisce a superare una logica meramente mercantile. L’impresa che “serve” fa ben più che produrre servizi: essa valorizza tutto per fare del mondo una casa abitabile per se stessa, per coloro che stano lì e per le generazioni che verranno in un’ottica di ecologia integrata. Profitto e imprenditorialità non possono essere spiegati solo da un punto di vista economico: se non abbiamo in testa un’idea corretta di uomo e di umanità, parlare di “impresa di servizio” ci riuscirà difficile».

Richiamando le parole di Papa Francesco S.E. Mons. Galantino, segretario generale della CEI, ha sottolineato poi le disparità che ormai esistono nel mondo, dove poche decine di persone hanno le stesse ricchezze di 3 miliardi di uomini. Un gap da chiudere attraverso un diverso impegno degli imprenditori nel creare una ricchezza che, sia nelle modalità che nelle finalità, abbia come faro l’essere umano integralmente inteso. Un impegno a cui «bisogna dare assoluta concretezza per non lasciarlo a livello delle parole: quindi la necessità che questo festival sia maieutico nei confronti di questi obbiettivi».

Spazio alla concretezza anche nella visione dell’economista Stefano Zamagni secondo il quale «tanto più aumentano le leggi tanto più aumenta la corruzione». Tre sono, secondo l’economista, i punti da seguire per superare l’attuale situazione, senza dover ricorrere ad ulteriori risorse: «abbandonare il conservatorismo compassionevole: noi curiamo gli effetti giudicati inaccettabili ma non aggrediamo le causa generatrice di quegli stessi effetti; capire che è necessario ripartire dalla centralità dell’”impresa civile”; tornare infine ad un pensiero pensante». Chiude citando Tocqueville: “Il dispotismo vede nella separazione tra gli uomini la garanzia della sua permanenza. I despota facilmente perdona i suoi sottoposti di non amarlo, a condizione che essi non si amino gli uni con gli altri».

Etica e bene comune non escludono l’operato del Legislatore. Secondo Cosimo Ferri, sotto segretario alla giustizia «Occorre un cambio culturale, a cui anche il legislatore e il governo stanno lavorando, non solo innalzando le pene ma anche migliorando la qualità legislativa. Quindi meno leggi, più semplificazione, più certezza del diritto e prevedibilità delle decisioni. È la ricetta per consentire al cittadino, al mercato e all’imprenditore di sapere quello che è giusto e quello che non è giusto. In questo senso la chiarezza delle leggi, che tengano conto delle esigenze del territorio, della società e della tutela effettiva dei diritti, aiuta nella lotta alla corruzione. Si pensi alla materia tributaria: si deve partire da questo cambio culturale, semplificando per consentire poi all’impresa di proseguire il proprio lavoro e guardare con serenità anche al mondo della giustizia. Oggi Giustizia economia e anche etica devono viaggiare di pari passo per dare queste garanzie».

La “riumanizzazione” della figura del pubblico ministero è stata invece al centro dell’intervento Antonio Sangermano, sostituto procuratore della Repubblica di Prato, secondo il quale occorre riaffermare l’idea che «il procuratore non è un aguzzino, ma dovrebbe essere un cercatore di verità nel rispetto delle regole». Il suo invito è dunque a non percepire il pubblico ministero come estraneo alla società civile, ma come attore indispensabile alla vita di uno Stato democratico.

Altro tema importante sullo sfondo, quello del lavoro, attorno al quale ruoterà la Settimana dei cattolici italiani in programma a Cagliari dal 26 al 29 ottobre 2017. «Il lavoro è degno perché è degna la persona umana». Questo l’assioma da cui è partito S.E. Mons. Filippo Santoro, presidente del comitato delle Settimane Sociali dei Cattolici Italiani ringraziando poi gli organizzatori del festival. Dai “cartoneiros” di Buenos Aires (i raccoglitori e riciclatori di cartoni), ai venditori ambulanti di Rio de Janeiro, ai portatori abusivi di risciò del Bangladesh, fino ai pescatori di Taranto che si oppongo alla criminalità, «ogni lavoro è degno quando è a sostegno della vita e non del crimine». Il primo obbiettivo della Settimana Sociale sarà dunque spiegare l’origine della dignità del lavoro nella sacralità della persona umana, «declinando questo concetto in cinque punti: lavoro è vocazione, lavoro è valore, lavoro è opportunità, lavoro è fondamento di comunità, lavoro è promozione di legalità». «L’obiettivo della Settimana è quello di realizzare un incontro partecipativo» prosegue Mons. Santoro «un cammino corale che rinnovi l’impegno delle comunità cristiane». Ciò sarà reso possibile attraverso quattro differenti approcci: «la denuncia della mancanza di lavoro e delle situazioni di lavoro più inaccettabili; il racconto del lavoro e delle sue trasformazioni; la diffusione delle buone pratiche; l’ideazione di nuove proposte legislative ed esecutive». L’appello conclusivo è rivolto agli imprenditori presenti: «un lavoro degno è possibile, grazie a voi e alle vostre imprese, esempi virtuosi di eccellenza».

Di rilievo i contributi giunti dal mondo dell’imprenditoria, in tema di etica e impresa per il bene comune.

«Abbiamo sperimentato che le aziende più coesive – ha sottolineato Filippo Liverini, Presidente di Mangimi Liverini Spa – sono quelle che ottengono più risultati. La nostra realtà da sette anni chiude il bilancio in attivo e noi vogliamo raccontare un’azienda responsabilmente sociale e socialmente corretta sul territorio. Ci piace considerare i nostri dipendenti dei collaboratori, la nostra azienda una sorta di famiglia allargata. Questo approccio – prosegue Liverini – alla fine ci sta premiando, perché si è diffusa la voce della filosofia con cui lavoriamo e la gente ci sceglie. L’economia della finanziaria – conclude – ci ha portato fuori rotta, dobbiamo tornare a percorrere le strade dell’economia reale».

Paolo Bedoni, Presidente di Cattolica Assicurazioni, ha invece ripercorso la storia della compagnia assicurativa «nata a Verona 120 anni fa come espressione del settore agricolo e delle oltre 3 mila parrocchie sparse sul territorio, fino agli anni 2000 quando è arrivata la quotazione in borsa. I rischi più grossi – ha proseguito il presidente – Cattolica li ha corsi proprio nel momento in cui si è allontanata dai propri orizzonti valoriali. Per questo il nostro sforzo negli ultimi anni è stato quello di recuperare i valori fondanti di questa impresa, tornando ad essere aperti al mercato e aperti al territorio: tornando quindi in mezzo alla gente. La testimonianza di questo percorso intrapreso sono la nascita di Fondazione Cattolica, che oggi accompagna il mondo del volontariato a fare impresa, e la nascita di Cattolica Factory che svolge gratuitamente un orientamento per più di 150 giovani ogni mese».

Non poteva infine che essere orientato al futuro l’intervento di Riccardo Donadon, Presidente H-Farm, il maggiore incubatore di start up d’Italia. Donadon ha spiegato come l’attività della propria azienda si basi sull’aiutare «i territori a sviluppare imprese e aiutare i ragazzi a sviluppare opportunità». «Sono in corso cambiamenti epocali – ha continuato Donadon – la tecnologia si fa sempre più pervasiva, entrando nelle nostre vite con oggetti sempre più piccoli. Occorre ripensare al tema sociale che si lega alla tecnologia: questo cambio di scenari ci impone di riflettere sulla nascita di un secondo umanesimo. È necessario garantire anche ai bambini una formazione che permetta loro di cavalcare l’innovazione ed esserne i protagonisti.»

«Non si può pensare ad un mondo del lavoro in cui la dimensione umana passi in secondo ordine. Per questo il Festival – ha concluso Mons. Adriano Vincenzi, presidente della Fondazione Toniolo di Verona e coordinatore del Festival – si concentra anche sull’etica delle aziende e chiama a raccolta gli imprenditori, chiede loro di interrogarsi, di condividere le esperienze professionali, le fatiche, ma anche i risultati ottenuti, le gioie, i progetti. Diventa indispensabile, in questi momenti di isolamento, trovare qualcuno che ancora sta andando avanti, che ancora ci crede, che sceglie il bene rispetto alle scorciatoie. In questo modo il Festival si trasforma in un’iniezione di fiducia e coraggio, ma soprattutto diventa uno sprone ad andare oltre, a fare meglio, a fare di più».

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